martedì 1 febbraio 2011

I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Certe volte pensavo che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettavo che anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, solo numeri qualunque, ma per qualche motivo non ne fossero capaci. Il secondo pensiero mi sfiorava soprattutto di sera, nell’intrecciarsi caotico di immagini che precedono il sonno, quando la mente è troppo debole per raccontarsi 1 bugia.
Tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero. Numeri come l’11 e il 13, come il 17 e il 19, il 41 e il 43. Se si ha la pazienza di andare avanti a contare, si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso e cadenzato fatto solo di cifre e si avverte il presentimento angosciante che le coppie incontrate fino a lì fossero un fatto accidentale, che il vero destino sia quello di rimanere soli. Poi proprio quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatte in alti due gemelli,  uniti stretti l’uno all’atro. Tra i matematici è convinzione che per quanto si possa andare avanti, ve ne saranno altri due, anche se nessuno può dire dove, finché non li si scopre.


Penso che lui & io siamo così, due numeri primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero. A lui non l’ho mai detto



tratto da "La Solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano

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